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In uomini e donne, un regolare e consistente consumo di frutta fresca risulta associato alla riduzio


La sindrome metabolica è definita dalla compresenza di almeno tre fattori di rischio tra obesità addominale, trigliceridemia elevata, bassi livelli di HDL, ipertensione e resistenza insulinica: tutti fattori di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari e diabete di tipo 2. Secondo le stime più recenti, la sindrome metabolica interessa fino al 40% della popolazione adulta nei paesi sviluppati.

Sul fronte preventivo, peraltro, il rapporto tra livelli di consumo di frutta e verdura e rischio di sindrome metabolica non è ancora stato del tutto chiarito dagli studi disponibili, nonostante sia ben noto quanto l’apporto di minerali, vitamine e fitocomposti garantito da questi alimenti sia indispensabile per il mantenimento di salute e benessere. Questa metanalisi ha valutato nove studi (sette trasversali e due di coorte), selezionati tra tutti gli studi pubblicati nell’arco di 60 anni (1958-2018) condotti in Asia e in Europa, in cui si approfondiva l’associazione tra consumo di frutta e verdura e rischio di sindrome metabolica. Gli studi si riferiscono complessivamente ad un totale di 38.188 uomini e donne, di cui 8.422 affetti dalla sindrome.

Dall’esame dei dati è emersa un’associazione, tra consumo di frutta fresca (tutta) e rischio di sviluppare la sindrome metabolica, inversa e lineare, statisticamente significativa. In pratica, al crescere dell’apporto di frutta, il rischio si riduce progressivamente, rispetto al non consumo; più precisamente, la riduzione rilevata è del 3% per ogni 100 g in più consumati quotidianamente di frutta. Per riferimento, si ricorda che un’arancia media pesa circa 150 grammi, al netto della buccia e dell’albedo (parte interna bianca e spugnosa); e di peso simile sono una mela o una pera medie, oppure due mandarini, due susine, due albicocche. Per coloro che assumono regolarmente le tre porzioni giornaliere di frutta da 150 grammi raccomandate dalle linee guida nutrizionali, pari a oltre 400 grammi, secondo i risultati di questa metanalisi, la riduzione del rischio di sviluppare la sindrome metabolica sarebbe ridotta in una misura compresa tra il 25 e il 31%, rispetto a coloro che non ne consumano affatto. Per quanto riguarda la verdura, invece, gli studi considerati in questa metanalisi non permettono di trarre conclusioni definitive. Anche per le verdure l’aumento di consumo di 100 g/die sembra associarsi ad una riduzione del rischio di sviluppare la sindrome, ma la riduzione è di ampiezza minore (2 vs 3%) e non raggiunge la significatività statistica. E’ possibile che tale incertezza sia attribuibile all’assenza di informazioni precise relativamente alle modalità di consumo e di preparazione (cottura, condimento, ecc.) delle verdure, determinanti per stabilirne l’effettivo impatto metabolico.

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