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Il consumo abituale di pesce, specie se grasso, riduce il rischio cardiovascolare anche tra coloro c


I risultati più recenti dello studio italiano Moli-sani, che ha coinvolto in totale 20.969 uomini e donne residenti in Molise, di età superiore ai 35 anni, dimostra che il consumo di pesce grasso almeno 2,4 volte la settimana riduce il rischio cardiovascolare anche in una popolazione nella quale l’adesione ai principi della Dieta Mediterranea è piuttosto elevata.

Questi dati derivano dall’analisi dei consumi settimanali di alimenti di origine marina, classificati sia secondo il contenuto percentuale di grassi (al di sopra o al disotto del 4% in peso), e sia secondo il tipo consumato in prevalenza (molluschi, gamberi e crostacei, pesce secco/salato, pesce in scatola, e poi altri, intesi come salmone, spada, aringa, trota, pesce azzurro). Sono stati classificati come pesci magri, oltre a molluschi e crostacei, merluzzo, nasello, sogliola, passera di mare; come pesci grassi, invece, salmone, pesce spada, trota, aringa, acciuga, sgombro, anche in scatola. L’adesione alla Dieta Mediterranea, proprio per quantificare il valore aggiunto rivestito dal consumo di pesce, è stata valutata escludendo appunto la voce “consumo di pesce”. Nello studio Moli-sani il consumo di pesce è risultato abbastanza elevato (mediamente 44,6 g al giorno, con una frequenza media di 2,4 volte alla settimana); i soggetti che consumavano più pesce erano inoltre quelli con il punteggio maggiore di adesione alla Dieta Mediterranea, calcolato, come già detto, escludendo questa voce. Nel dettaglio dei risultati, è emerso che il consumo di pesce 4 volte la settimana o più era associato a una riduzione del rischio cardiovascolare complessivo del 38%, rispetto a chi lo consumava meno di due volte a settimana. Ogni occasione di consumo in più risultava associata a una diminuzione del rischio pari al 9%. Analizzando i dati in dettaglio, però, l’associazione tra consumo di pesce per almeno 2,4 volte a settimana e la riduzione del rischio cardiovascolare composito (coronaropatia più ictus) si confermava soprattutto per chi sceglieva preferenzialmente il pesce grasso, non conservato sotto sale. Gli Autori interpretano questi dati ricordando che i grassi del pesce (omega-3 a lunga catena EPA e DHA) hanno un effetto positivo nel controllo della trigliceridemia e per la loro azione antiaggregante, ma ipotizzano che sarà necessario approfondire ulteriori meccanismi, come il possibile effetto su altri fattori di rischio cardiovascolare potenti e diffusi, qual è l’infiammazionesistemica di basso grado.

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